Lo sci ripido è un disciplina miscelata allo sci alpinismo e all'alpinismo ed è legata ad alcuni loro aspetti importanti.
I personaggi chiave che aprirono le porte a questa impegnativa disciplina furono i francesi Patrick Vallencant, Sylvain Saudan, Jean Marc Boivin e gli italiani Stefano de Benedetti e Heini Holzer che tra l'inizio degli anni '70 e la fine degli anni '80 collezionarono una serie di discese che a quei tempi erano ritenute impossibili.
Lanciandosi in discese mozzafiato lungo ripidissime pareti di alta montagna con pendenze tra 50° e i 60° che furono annoverate nell'albo dello sci estremo; alcune importanti discese furono la nord Aiguille Verte, la est del Cervino, il Couloir nord-ovest del Pic Sans Nom, la nord est Eiger, la est monte Rosa, la nord Grand Pilier d'Angle, fino a sfociare negli anni '90 con la discesa dalla cima sud dell'Everest.
La pendenza dello sci ripido (indicativamente tra i 40°/50°) non è il solo fattore che determina la difficoltà della discesa, ma si devono considerare anche fattori determinanti come le condizioni e l'esposizione del manto nevoso, la lunghezza del pendio, la larghezza dei passaggi, i salti di roccia ed eventuali difficoltà alpinistiche.
L'attrezzo utilizzato normalmente è uno sci rigido, nervoso e reattivo pronto a rispondere alle forti sollecitazioni trasmesse dal pendio ripido anche in condizioni di superfici compatte; lo scarpone dovrà essere abbastanza rigido e sensibile in modo da poter effettuare dei veloci e precisi cambi di direzione.
La tecnica di discesa più utilizzata è la curva saltata con appoggio su uno o entrambi i bastoncini (preferibilmente non telescopici). L'approccio migliore a queste discese è la salita delle stesse che, con uno studio attento, ci permette di individuare eventuali insidie date da rocce o placche di ghiaccio a volte celate da un leggero strato di neve.
Oltre all'attrezzatura tecnica da discesa e a quella da valanga, il nostro zaino dovrà contenere anche una picozza, ramponi, casco, e per alcune discese sarà bene considerare anche un'imbragatura e uno spezzone di corda per eventuali calate o discese assicurate.
Normalmente fino a prima dell'avvento del freeride queste discese venivano affrontate con un manto nevoso primaverile o comunque ben assestato, ora la mentalità è in parte cambiata, la tecnica evoluta e questa disciplina viene praticata anche nel periodo invernale necessitando però di una più attenta valutazione della stabilità dei pendii che si affrontano.