Valle delle Messi (val Camonica)
Non mi era mai capitato di andare a fare una salita senza conoscere il compagno con cui mi lego se non durante la mia attività professionale di Guida Alpina.
Un pomeriggio attraverso Facebook mi arriva da un giovane ragazzo di vent'anni la fotografia di una bella e apparentemente difficile candela che crede non sia mai stata salita. La tentazione è forte, l'allenamento non è dei migliori ma la voglia di mettermi in gioco c'è lo stesso, e nonostante ci sia un po' di preoccupazione per il fatto che dall'altra parte della mia corda non so chi ci sia, accetto quest'appetitoso invito di salirla in sua compagnia! Su Facebook si vede qualsiasi cosa, dalle torte, alle code in automobile, alla discoteca, alle foto di sciate e di salite di tutti i generi: si prende una foto di montagna, la si associo a una persona che arrampica, si fa un commento e il gioco è fatto... L'immagine però non è completamente a fuoco, ciò che non si riesce a vedere è lo spessore tecnico ma soprattutto psicologico della persona, potremmo sapere quasi tutto quello che fa ma non riusciremo mai ad attraversare l'immagine che la persona potrebbe aver creato con belle parole o fotografie: in sintesi non conosciamo le reazioni che avrebbe in una situazione di stress.
Nella fotografia dell'invito non si vede la base della candela e mi viene spontaneo chiedere al mio futuro compagno se la candela tocca a terra; la risposta è "certo, certo! " Venerdì 30 gennaio quindi ho appuntamento con Giacomo Rovida ad un bar di Edolo, sarà con noi anche l'amica Giusy Bosio per una passeggiata e con l'occasione per fare delle fotografie. Parcheggiamo il furgone e preparando il materiale la mia scelta di prendere anche materiale da roccia risulterà più che mai azzeccata.
Nella valle delle Messi il vento è sostenuto e la neve scesa durante la notte viene sollevata creando turbini gelidi, la temperatura è di - 7° ma quella avvertita è decisamente inferiore. Le tracce fatte durante il sopralluogo di Giacomo sono sparite ma nonostante ciò saliamo abbastanza spediti, ho davanti un giovane esuberante e ben allenato di Milano con la passione all'esplorazione, che da tre anni vive e studia a Edolo all'Università della montagna e sfrutta ogni occasione per sciare o arrampicare. Giusy sale con calma ma la nostra è l'unica traccia e non c'è possibilità di sbagliare e quando noi siamo pronti per arrampicare lei è in postazione per le fotografie.
Opss !!!! La candela non tocca a terra, ma fortunatamente poco più a destra scende una bella colata e con un traverso di tre metri sembra sia possibile raggiungere il nostro obbiettivo. Le mie piccozze montano un microscopico martello, la roccia sembra difficilmente chiodabile prendo con me perciò il martello da roccia e protetto inizialmente da un paio di buone viti da ghiaccio cerco di piantare un chiodo prima dell'inizio del traverso, qui il mio passato edile da ancora i suoi frutti: chiodatura con la mano sinistra dal basso verso l'alto in spaccata tra la roccia e il ghiaccio! Il chiodo entra per pochi centimetri poi sembra che non entri più, riposo per un attimo e come d'incanto il chiodo riprende ad entrare, così ancora per due o tre volte ed eccolo dentro tutto ma c'è un piccolo particolare: entrando ha allargato la fessura della lama rocciosa.... Un ulteriore chiodo non da migliori garanzie, sul tratto di dry le lame si ancorano a delle minime tacchette, non sarebbe impossibile ma a causa delle precarie protezioni preferisco accompagnarmi per un attimo con il rinvio, proseguendo poi in libera fino al ghiaccio e rimontando sul piccolo piedistallo dell'esile candela credo di essere finalmente al sicuro: la prima picozzata mi smentisce.
Un suono sordo accompagnato da un'intensa vibrazione mi fanno cambiare idea, per un attimo cerco una via di fuga ma la strada è solo verso l'alto, i due pessimi chiodi sono ormai lontani, pinzo delle candele con le dita che ormai sono diventate insensibili per il freddo, sopra di me è impossibile chiodare ma con qualche numero riesco a mettere una vite all'altezza del mio piede sinistro, preferisco non pensare a quanto sia buona e il più delicatamente possibile riprendo a salire facendo poco dopo una sosta intermedia, avverto Giacomo di accarezzare il ghiaccio con le piccozze che ormai intirizzito dal freddo mi raggiunge in sosta, dove per un attimo siamo riscaldati psicologicamente dal sole che per qualche secondo fa capolino tra le nuvole. Mi ci vuole un "attimo" prima di ripartire sulla sezione delle candele sospese, ma alla fine dopo aver fatto la consueta pulizia dei festoni faccio un bel respiro e tagliando il cordone ombelicale che mi lega alla "terra ferma" salgo verso l'uscita della cascata subito investito da un forte vento che mi spazza la neve fresca in faccia accompagnandomi fino alla sosta.
Il ruggito del vento copre qualsiasi voce e non mi riesce di comunicare con Giacomo, normalmente con il mio regolare compagno in questi casi l'accordo è: tre strattoni alla corda puoi mollarmi e altri tre puoi partire, ma non mi è venuto in mente di avvertirlo, comunque dopo qualche minuto sento la corda allentarsi segno che è già avvezzo a questo tipo di situazioni e anche lui accompagnato dal vento sale questo tiro che chiameremo "La Mantide". Il nome prende spunto dal mio recente acquisto della nuova macchina affila chiodi da ghiaccio "Mantis Pro" (Mantide Professionale) la cui forma ricorda la femmina dell'insetto che dopo essersi accoppiata si mangia il maschio.
E' stata una bella giornata e attraverso un social network ho avuto l'occasione di conoscere un giovane promettente, dotato di entusiasmo, voglia di esplorazione, a cui magari un giorno poter passare il "testimone".
Via: “Mantis " (Mantis Pro)
Apertura: Parolari Roberto e Rovida Giacomo il 30/01/2015
Sviluppo: 50 m
Difficoltà max: WI 5+/6, M5, X
Esposizione: sud ovest
Quota attacco: circa m. 1950
Avvicinamento: da Ponte di Legno in val Camonica (BS) si prende la strada in direzione della valle di Pezzo e passo Gavia, si arrivo fino a S. Apollonio e abbandonando la strada del Gavia si entra nella valle delle Messi, si continua su strada innevata parcheggiando fino alle case degli Orti o dove l'innevamento lo consente.
Ora a piedi in circa un ora mantenendo il fondo valle si giunge al ponte del rio Gaviola (cartello sul ponte). La cascata è ben visibile sulla dx in alto, ci si inoltra nella vallettina stando prima a sx del letto del torrente, poi attraversandolo per pendii ci si porta in obliquo verso dx fino alla base della parete rocciosa e costeggiandola si arriva in circa 45 min alla base del salto.
Note tecniche: salire la colatadi buon ghiaccio a dx della candela che non tocca, traversare poi a sx su roccia fino a raggiungere il ghiaccio, salire ora verticalmente su candelina molto delicata e difficilmente proteggibile, spostandosi verso la roccia a dx, rimontare poi sulla grossa candela sospesa per poi spostarsi a sx e rimontare con un bel passo atletico sull'ulteriore candela sospesa. Proseguire diritti fino alla fine del ghiaccio e per un breve pendio nevoso portarsi contro una piccola placca rocciosa dove si trova la sosta attrezzata su arbusti con cordone e moschettone di calata. Sul tratto di misto sono rimasti due chiodi da roccia non ottimi, di cui uno con kevlar infilato. Noi abbiamo fatto una sosta intermedia a dx contro la roccia prima delle due candele sospese, volendo si può fare in un tiro unico.
Discesa: in doppia da 50 metri.
Download allegati:
La Mantide relazione.pdf